12 maggio 2020
Se l’India avesse trasmesso, attraverso le varie mirabili opere sulla liberazione, un insegnamento unicamente orientato verso una realizzazione diretta senza tener conto delle varie influenze che si sono verificate nei secoli successivi, probabilmente lo yoga non avrebbe avuto una diffusione così estesa. Un orientamento integrale è apparso proprio con la nascita del tantrismo. L’orientamento integrale vuole significare che il processo di evoluzione può passare attraverso un’azione che sia focalizzata sulla pratica, ma che sia anche orientata verso gli aspetti più salienti della vita che si prospetta davanti agli occhi di ognuno di noi. Aspirare alla realizzazione del Sé e pensare che questa sia l’unica direzione da dare alla propria esistenza attraverso la mortificazione del corpo e l’applicazione delle astinenze come unica ragione di vita, potrebbe portare ad una condizione di disadattamento e di grande difficoltà esistenziale. Gli insegnamenti integrali favoriscono non solo la cura dell’azione esteriore, ma soprattutto un lavoro interiore volto a modificare le proprie abitudini nel pensare e nell’agire con la mente. Il termine Tantra deriva da due radici: tan vuole significare estendere, probabilmente si tratta di estensione della conoscenza e il suffisso tra significa strumento e quindi i Tantra sono strumenti di estensione della conoscenza. Gli adepti tantrici considerano un gran numero di divinità e queste vengono invocate per ottenere protezione contro interferenze e ostacoli karmici. Noi occidentali tendiamo ad accantonare questo aspetto come mera superstizione oppure come una proiezione di immagini archetipiche presenti nella psiche umana. Le divinità in genere sono considerate come personificazioni di specifiche energie presenti nelle dimensioni sottili di ogni essere. Già da queste semplici considerazioni di carattere puramente orientativo, potete immaginare la complessità e la ricchezza delle sottodivisioni che si sono venute a creare nel corso dei secoli. La mia intenzione tuttavia non è sicuramente quella di indurvi ad abbracciare una nuova religione, ma comprendere il retroterra sul quale si poggia l’insegnamento dello haṭha-yoga. Tutto questo per consentire ad ognuno di comprendere quale potrebbe essere il miglior intento da perseguire nell’esercitarsi all’azione apparentemente fisica, ma che cela al suo interno una vocazione di trasformazione realizzativa.
L’AZIONE COME RITUALE
Ogni sādhaka o praticante dovrà comprendere che l’azione che si andrà a produrre sia un vero e proprio rituale, dove il sacrificio che si andrà a consumare non sarà qualcosa di simbolico espresso esteriormente, ma solo e soltanto interiormente. Sacrificare quindi le proprie abitudini profane e qui intendo quelle mentali, per accogliere nuove direzioni di pensiero a sostegno di una lenta e graduale trasformazione interiore molto più radicale. La scoperta del sacrificio interiore avvenne prima dell’avvento del Buddha e ancor prima della nascita del Tantrismo, infatti attorno al V o IV secolo a.C. furono composte varie Upaniṣad dove con il rituale esteriore veniva proposto un rituale interiore per indurre alla meditazione e alla conoscenza del Sé, base di tutta la speculazione indiana. Questa scoperta, anche se avvenuta molto prima della nuova era, rimase all’interno di una ristretta cerchia di persone. La causa va ricercata nella tendenza ben radicata negli esseri umani di ignorare il mondo interiore della coscienza e preferire l’iperattività in genere dell’azione esteriore. La gestualità ritualistica da un lato e nel caso dello haṭha-yoga la spinta verso una super attività fisica, sono le modalità che vengono maggiormente utilizzate e di più larga diffusione. La ragione è l’attività automatica e meccanicistica, caratteristica di una mente pigra che si rifugia negli automatismi. Un po’ come mettere il pilota automatico per far riposare il vero pilota.
UNITÀ NELLA TOTALITÀ
Un’altra caratteristica del tantrismo di fondamentale importanza fu quella di ribellarsi alla tendenza di voler abbandonare tutti gli aspetti della vita manifesta e dedicarsi esclusivamente ad una divinità, all’Uno, al Sé o al Brahman. Sebbene il tantrismo sia non-dualista nella sua espressione metafisica possiede però la caratteristica di affermare l’Uno tantrico (eka) che non è l’Unità che esclude la totalità, ma l’Unità nell’onnicomprensività. La totalità (pūrṇa) è presenza globale intesa come corpo, energia, mente, mondo, cosmo. Nella sua massima espressione e in particolare nell’aspetto della pratica, il tantrismo si indirizza verso una profonda e totale integrazione coscienziale, e nell’Uno è racchiusa la consapevolezza della totalità.
Nell'immagine, «Notte stellata» Vincent Van Gogh (1888)
Per capire il Tantra è necessario capire il mondo e per capirlo è necessario riprendere un antichissimo temine, apparso in alcune Upaniṣad e nella Bhagavad-Gīta: saṃsāra.
20 marzo 2020
In riferimento a quanto ci viene trasmesso dalla visione tantrica, senza accorgercene veramente, viviamo in un universo, un oceano di energie impregnate di coscienza. Purtroppo, siamo costretti e indotti a vivere l’esperienza individuale, limitata e circoscritta dell’energia a causa dell’ignoranza soggettiva che nasconde e limita la verità.
15 settembre 2020
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