15 marzo 2020
Perché il samsāra ci può interessare proprio parlando di Tantra? Perché noi che pratichiamo un derivato del Tantra, lo haṭha yoga, dovremmo avere ben chiaro qual è lo scopo principale da attribuire alle nostre azioni per meglio coltivare le giuste intenzioni. Uno yogin non può essere un samsārin ovvero un sostenitore del samsāra , ma dovrebbe fare in modo che le sue azioni e le sue pratiche possano avere un effetto di purificazione tale, da permettere l’interruzione dei cicli continuativi di nascita, morte e rinascita. Questa è l’unica ragione per la quale esiste lo yoga e anche qualsiasi altra forma (marga) di yoga.
IL MOTIVO PRIMARIO
Quando una disciplina propone un obiettivo, lo si dovrebbe poter sostenere durante l’azione sennò si sta facendo un’altra cosa... È lo scopo e l’intenzione che ispirano l’azione, non il contrario. Un esempio: faccio una passeggiata e fra i risultati che attribuisco alla mia azione ne potrei scegliere qualcuno per esempio: mi sono allenato i muscoli, ho ridotto il grasso superfluo, ho aumentato la massa magra, ho migliorato la funzione cardiaca e polmonare, mi sono ossigenato, ho incontrato gli amici, ho incontrato tanti uccelli e animali di vario genere, ho colto e mangiato della frutta, ho potuto parlare con il mio fidanzato in santa pace, in cima alla collina ho visto un panorama stupendo e il sole tramontare...
È chiaro che a ogni azione ci possono essere una miriade di effetti che comunque posso accogliere e permettermi di ricavare i vantaggi che più mi aggradano, ma allo yogin interessa una sola cosa: quale è la ragione primaria che mi spinge a svolgere l’azione, la ragione primaria è racchiusa nella giusta intenzione.
L’intenzione è il pensiero che dovrebbe muovere l'azione, è quello che la dovrebbe precedere e sostenere. E la vera e unica intenzione che uno yogin dovrebbe avere e nutrire è quella di volersi liberare dal ciclo delle infinite incarnazioni. Ecco allora che la sua di pratica diventerebbe un evento mistico e non profano. Come chi fa una passeggiata ricava innumerevoli vantaggi dal movimento, poi, anche lo yogin - perseguendo l’intenzione giusta - potrà ugualmente raccogliere tanti “benefici” fisici; ma questi sono solo di contorno alla propria ricerca e non dovrebbero diventare la o le motivazioni per le quali si pratica.
Ma vi immaginate oggi qualcuno che - alla domanda perché pratichi yoga? - vi risponda: “Lo faccio per liberarmi dalla prigione del samsāra e quindi dal ripetersi delle vṛtti, secondo quanto affermato da Patañjali in “Yogasūtra”?
Oggi sembrerebbe proprio una risposta assurda, che farebbe dire a chiunque: “Ma guarda questo che cosa si sta inventando...”.
LO YOGIN E I CONTADINI
Da queste considerazioni si potrebbe affermare: «Dimmi qual è l’intenzione che accompagna la tua azione e ti dirò se sei uno yogin oppure un cultore di una ginnastica esotica ispirata allo yoga».
A tale proposito vi racconto una storia ambientata nell’antica India, circa due o tremila anni fa, in una foresta viveva un ṛṣi (si pronuncia: rishi), ovvero un saggio, un veggente, conoscitore dei Veda, degli inni sacri, dello yoga in tutte le sue declinazioni; alcune famiglie di contadini vivevano attorno a lui per usufruire dei suoi insegnamenti e in cambio offrivano al ṛṣi i frutti del loro raccolto. Un giorno una coppia di contadini andò a trovarlo per risolvere un problema di salute e lui diede loro il consiglio di prendere degli infusi di erbe, qualche regola alimentare, alcune pratiche di yoga, alcuni āsana e prāṇāyāma.
La domanda sorge spontanea: ma questa coppia seguendo queste pratiche diventò degli yogin?
La risposta è «no». Perché? Perché la loro intensione è quella di curarsi e quindi fecero alcune pratiche di yoga a fini curativi. Esattamente come la maggioranza delle persone che usa lo yoga, ma non sono degli yogin. Lo yoga non va usato, ma va vissuto in tutta la sua interiorità. È necessario ricordarsi sempre che è solo l’intenzione che dà colore all’azione.
Nell'immagine, «Campo di grano con volo di corvi» Vincent Van Gogh (1890)
Per capire il Tantra è necessario capire il mondo e per capirlo è necessario riprendere un antichissimo temine, apparso in alcune Upaniṣad e nella Bhagavad-Gīta: saṃsāra.
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In riferimento a quanto ci viene trasmesso dalla visione tantrica, senza accorgercene veramente, viviamo in un universo, un oceano di energie impregnate di coscienza. Purtroppo, siamo costretti e indotti a vivere l’esperienza individuale, limitata e circoscritta dell’energia a causa dell’ignoranza soggettiva che nasconde e limita la verità.
15 settembre 2020
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