L’ELEMENTO COSTITUTIVO INVISIBILE

12 novembre 2020

Antonio Nuzzo

Nel risalire dal basso i vari elementi costitutivi dei tattva, raggiungiamo il gruppo dei tre principali costituenti dell’organo interiore. Sono questi considerati strumenti perennemente attivi e promotori delle attività descritte fino ad ora. La particolarità è che questi strumenti perennemente attivi possono essere coscienti o non. Questi sono considerati nel tantrismo e nello yoga dei perni attorno ai quali ruotano tutti gli elementi finora elencati.


PRINCIPI DELLO STRUMENTO INTERIORE (ANTAḤKARAṆA)
16 Manas (mente). La facoltà mentale che elabora le impressioni sensoriali inviate dai recettori sensoriali, sintetizzandole in concetti e immagini; 15 Ahaṁkāra (dimensione identitaria) il principio di individuazione e di appropriazione; 14 Buddhi (intelletto) facoltà mentale d’intelligenza creativa, intuitiva e potenzialmente discriminatrice. Prima di trattare i tre strumenti che caratterizzano antaḥkaraṇa, poniamoci questa domanda:


CHE COS’È CITTA?
Citta è un termine che indica in generale visione e coscienza, è l’abilità che ha la prakṛti di vedere con l’occhio della mente. Nel tantrismo citta non viene considerato uno dei 36 tattva, tuttavia è parte integrante dello strumento interiore, è abbinato alla buddhi, una delle facoltà dell’organo interno, e si potrebbe definire come sostanza mentale o coscienza della prakṛti. Nel vedānta, invece, citta ha una sua collocazione precisa e viene considerata come una delle quattro facoltà dell’organo interno antaḥkaraṇa oltre a buddhi, ahaṁkāra e manas. Nell’enciclopedia dello Yoga di Stefano Piano, pur non rientrando nell’elenco dei tattva, il termine citta viene indicato come “l’evoluto più raffinato della prakṛti (natura), il più vicino formalmente al puruṣa (spirito), ma ontologicamente assai diverso. La consapevolezza della distinzione fra citta e puruṣa costituisce il fine ultimo del Sāṃkhya e poi anche dello Yoga-darśana”. A me piace definirlo l’occhio della mente, anche se non riscontro questa definizione in nessuna traduzione, in base alla mia esperienza personale, immagino essere la facoltà del terzo occhio bhrūmadhya, quando questo diventa attivo.

Patañjali dedica il 2°sūtra a citta definendo lo yoga come la disciplina capace di liberare definitivamente citta dalle vṛtti, arrestando così il loro turbinio. Quindi citta è un perno attorno al quale ruota l’intero processo dello yoga, ma soprattutto i tattva inferiori. È necessario comprendere come!


IL METODO ORIGINALE
Lo haṭha yoga ha messo a punto un sistema infallibile, a condizione che si possa, prima di agire, imparare bene le fondamenta sulle quali poggia il metodo. I meccanismi o automatismi spontanei della mente si aggrovigliano e riempiono la coscienza citta di contenuti cognitivi, mnemonici, emotivi-passionali, onirici, reattivi e fantasiosi, comprese le impressioni e desideri. La disciplina che stiamo seguendo ci impone di non dare libero spazio a questa miriade di contenuti, ma di educare la nostra interiorità a portare la coscienza sul corpo e sul respiro, proprio per fermare il turbinio della mente. Lo scopo non deve essere quello di esaltare il corpo, azione spontanea che spesso deriva dal semplice fatto di osservarlo. È proprio qui che dovrebbe intervenire il manas, consapevole, cosciente e connesso di uno yogin per fermare questa automatica attività, altrimenti citta si riempirebbe di vṛtti. Probabilmente è questa la ragione per la quale citta non viene inserito nei tattva dello yoga e del tantrismo.


CITTA, UNA CINEPRESA OPERATIVA
Immaginate l’obiettivo di una cinepresa accesa che riprende tutto ciò che avviene nel complesso mentale. I contenuti mentali padroneggiano la cinepresa al punto tale che l’organo addetto alla visione scompare come strumento e la scena dell’interesse viene captata dagli avvenimenti che si susseguono. È proprio qui che interviene lo yogin che in un primo tempo impara a scegliere ciò che la cinepresa deve riprendere, come nel caso di osservare le sensazioni e/o il respiro, per poi con disciplina liberare citta, la cinepresa dagli strumenti mentali utilizzati ovvero sensazioni e/o respiro. Pertanto, se non si conosce il metodo, se non si è più che presenti a se stessi, se ci si lascia condizionare dall’attrazione dei contenuti mentali, si perderebbe la direzione esattamente come quando si guarda un filmato e si rimane talmente attratti dai contenuti che si perde totalmente l’orientamento. I contenuti mentali, le emozioni, le fantasie possono sicuramente essere strumenti utili a focalizzare la mente, ma dovrà arrivare il giorno in cui, raggiunta la focalizzazione della mente, ci si dovrà interessare dello strumento citta che osserva al di là dei contenuti della mente stessa.

leo smiraglio

un caro saluto e grazie

Franconi Bruno

Antonio Nuzzo è sempre un grande...umile maestro e sono onorato di aver seguito alcuni suoi insegnamenti Grazie

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