IL CORPO FONTE DI GIOIA

06 giugno 2020

Antonio Nuzzo

Il grande saggio Vāsiṣṭa, pur essendo stato un seguace dell’advaïta-vedānta, vissuto probabilmente nell’XI secolo d.C. fu molto influenzato dal Tantra, al punto che scrisse queste parole:
“Per colui che è ignorante questo corpo è fonte di infinite sofferenze, ma per colui che è saggio, questo corpo, è fonte di gioia infinita. Per il saggio la sua perdita non è affatto una perdita. Ma finché il corpo dura è in assoluto una fonte di gioia per il saggio. Per il saggio il corpo funge da veicolo che lo può trasportare velocemente in questo mondo ed è considerato come un carro per attingere la liberazione e gioia senza fine.

Poiché il corpo fornisce al saggio l’esperienza dell’udito, della vista, del gusto, del tatto e dell’olfatto così come della prosperità e dell’amicizia, gli porta profitto. Anche se il corpo ci espone a lunga serie di esperienze dolorose e gioiose, il saggio onnisciente può pazientemente sopportare tutte le esperienze.

Il saggio domina, libero da febbrile infelicità, su quella città che è chiamata corpo, come anche Vāsava (il Dio Indra) dimora nella propria città libero da ogni pena. (Il corpo) non lo getta nel pozzo dell’orgoglio come un cavallo molto focoso e neppure lo induce ad abbandonare quella sua “figlia”, la saggezza, al desiderio malvagio e così via (Yoga-Vāsiṣṭa 4-23.18-24).

MICROCOSMO E MACROCOSMO
Questa testimonianza preziosa lo è ancora di più se pensiamo che ci è stata lasciata da un seguace dell’ Advaïta-Vedānta sull’opportunità di considerare l’Uno come totalità dell’intero macrocosmo di cui il microcosmo ne è una infinitesima parte. Una famosa frase tantrica formulata nel Viśvasāra-Tantra sintetizza: “ciò che è qui è altrove, ciò che non è qui non è in alcun luogo”. Da questa considerazione si comprende la necessità di scoprire in modo dettagliato il microcosmo rappresentato dall’individuo nella sua globalità. Microcosmo che è l’esatta rappresentazione in miniatura del macrocosmo.
Qualunque esercitazione che escluda la totalità e invece esalti il particolare sottraendo la propria presenza alla totalità, esprime chiaramente una visione profana della vita ed è quello che fanno tutti abitualmente.
La dimensione spirituale invece dovrebbe essere sempre accompagnata da quella meraviglia che accompagna colui che osserva sé stesso in una compenetrazione globale, come una realtà infinitesimale immersa nell’immensità dell’Universo. La Śiva-Saṃhitā un testo di haṭha Yoga che elenca delle pratiche specificatamente tantriche esprime, a proposito del corpo, questi ślokas:
“All’interno di questo esistono il monte Meru, i sette continenti, i laghi, gli oceani, i monti, le pianure, gli esseri che proteggono tali pianure. In esso abitano anche i veggenti, i saggi, tutte le stelle e i pianeti, le confluenze dei sacri fiumi e i luoghi di pellegrinaggio e le divinità di questi luoghi. In esso girano il sole e la luna, che sono le cause della creazione e della distruzione. Allo stesso modo esso contiene anche l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra. Tutti gli esseri incarnati nei tre mondi, che sono (a loro volta) collegati al monte Meru, esistono nel corpo insieme a tutte le loro attività. Colui che conosce tutto ciò è uno yogin. Su questo non c’è dubbio alcuno”.

LA MENTE INFERIORE
È chiaro che si può accedere al macrocosmo addentrandoci in noi stessi, nel nostro microcosmo, perché all’interno di noi stessi esistono dei misteri e sono gli stessi che abitano l’universo intero. Per riuscire in questo intento è necessario liberare la propria interiorità dall’influenza totalizzante della mente comune, che, per intenderci, potremmo chiamare inferiore. La mente inferiore limita la realtà entro una visione estremamente circoscritta e per lo più assoggettata ad una nozione convenzionale di tempo, di spazio e alle informazioni sensoriali, considerate limitate e imprecise. Se tuttavia la coscienza superiore si potesse affacciare ad una visione libera dai limiti temporali, spaziali e sensoriali, allora si comprenderebbero le sinergie in gioco dello stesso Uno. Il Tantrismo prospetta in modo accurato e sistematico un processo graduale di espansione della coscienza attraverso le cinque guaine che tradizionalmente costituiscono il microcosmo. Si tratta di attivare una strategia estremamente e sistematicamente orientata per esperire tutte quelle stratificazioni o involucri o guaine che formano l’essere nella sua totalità. Purtroppo, durante il viaggio esperienziale, non ci si può appoggiare solo allo strumento cognitivo e mnemonico, perché falseremmo immediatamente il nostro vissuto con delle proiezioni immaginarie per calare in una visione prevalentemente fantasiosa.

LO YOGIN UN ESPLORATORE
A questo punto si comprende quanto sia importante avere il rigore scientifico dell’ esploratore per comprendere chiaramente ciò che è di dominio dei sensi e ciò che invece è di dominio dell’esperienza extrasensoriale. L’esperienza corporea è utile per trascendere il corpo e con il corpo anche i sensi. Questo è parte integrante del progetto che va affrontato con chiarezza per scoprire le regole fondamentali che evidenziano il metodo tantrico in tutta la sua ampiezza. Il metodo non è praticare, provare forme corporee e attribuire a queste forme delle spiegazioni spontanee che derivano dal sentire comune. La necessità deve essere quella di seguire una vera e propria iniziazione, perché le motivazioni che alimentano la pratica non possono essere ragguagliate a qualsiasi altra pratica fisica, anzi è d’obbligo cercare di fermare le pulsioni insite in ognuno, per fermare la tendenza a voler assimilare l’azione yoga a qualunque altra pratica fisica.
Un amico un giorno mi ha rivelato di aver seguito una lezione di pilates e una di yoga. La cosa che aveva capito era che a lui sembrava di fare le stesse cose solo che l’insegnante di yoga a differenza di quello di pilates aggiungeva alla descrizione dell’azione l’elenco, noioso e fastidioso, dei benefici fisici e mentali derivanti dall’azione, altrimenti per il resto l’esercitazione era identica. Credo che ci sia qualcosa da fare in questa realtà disorientata…

Immagine, Frida Kahlo, “Radici” 1943

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